L’INVENZIONE DELLA RUOTA – COORDINARE IL LAVORO PER UN RISULTATO MIGLIORE
In termini il più possibile generali, riduttori e moltiplicatori possono essere classificati come rotismi o treni d’ingranaggio, sistemi cioè costituiti da ruote dentate, di qualunque tipo, ingrananti fra loro e disposte in modo tale che la rotazione di una di esse ponga in rotazione tutte le altre. Appartengono quindi alla categoria degli organi trasmettitori e la loro funzione è quella di assicurare un determinato rapporto di trasmissione fra due o più alberi: si avrà quindi allora un albero motore o d’ingresso, su cui è calettata (connessa rigidamente) la prima delle ruote (movente) che costituiscono il rotismo, ed almeno un albero condotto o di uscita, su cui è calettata l’ultima ruota (cedente). Solitamente fa parte del sistema almeno un ulteriore albero intermedio su cui può essere calettata o una sola ruota che ingrana contemporaneamente sia con la movente sia con la cedente, oppure una coppia di ruote solidali fra loro di cui la prima ingrana con la movente e la seconda con la cedente.
In termini più tecnici una ruota dentata o ingranaggio è una ruota usualmente, ma non necessariamente, rotonda caratterizzata da diverse escrescenze, chiamate denti; queste poi possono avere un profilo che spazia sulla base di una varietà quasi infinita. Lo scopo di questi componenti è appunto quello di trasmettere il moto e/o la potenza da un albero all’altro, moto che può essere o non essere uniforme e che può anche essere accompagnato da variazioni di direzione, velocità e coppia d’albero.
In una rappresentazione semplicistica, quando il modificatore è costituito da un ingranaggio più piccolo (pignone) che trascina quello più grande (ruota), la velocità di rotazione della ruota risulta essere minore di quella del pignone, così questo assolve una funzione diminutiva e verrà chiamato allora riduttore; in caso contrario, ovvero quando si è in presenza di una ruota di maggiori dimensioni che imprime il movimento ad una più piccola, il sistema di trasmissione è detto moltiplicatore.
Gli ingranaggi hanno più o meno la stessa età delle macchine inventate dall’uomo, l’unica “macchina” più antica è il tornio da vasai.
Riduttori e moltiplicatori sono costituiti da cinque componenti principali: alberi, cuscinetti, impianti di lubrificazione, carcasse ed ingranaggi; la loro integrazione armonica permette il massimo rendimento nella sua interezza.
Gli alberi rappresentano la materializzazione degli assi di rotazione degli ingranaggi; essi sono generalmente composti da elementi cilindrici o troncoconici. Servono per posizionare le ruote nello spazio per trasmettere gli sforzi agli appoggi, nei quali si generano le relative reazioni, e per trasmettere coppie agli ingranaggi.
Le forze tangenziali dei denti danno origine ad una coppia di torsione uguale a quella trasmessa (sollecitazioni torsionali), quelle assiali producono una reazione sull’asse dell’albero generando sollecitazioni di compressione o trazione aventi la medesima direzione delle sollecitazioni di flessione.
La coppia motrice è il momento meccanico del sistema di forze esercitate da un motore su una trasmissione. Essa varia al cambiare del regime di rotazione del motore con un andamento dipendente dal tipo di motore; ha un valore massimo in corrispondenza di un determinato regime. Nel caso del motore endotermico la coppia motrice è proporzionale all’energia utile sviluppata dal motore nel singolo ciclo a un determinato regime. Invece nel caso di un motore elettrico in corrente continua si avrà la coppia massima a 0 giri.
La coppia viene utilizzata per ricavare la potenza del motore tramite una formula fisica che utilizza il valore di coppia insieme con quello di rotazione a cui è stato rilevato.
La curva di coppia è utile per determinare il comportamento del motore, permettendo di analizzare eventuali difetti (buchi di erogazione) e di analizzarne il comportamento sotto l’azione dell’acceleratore, infatti una curva piatta permetterà una facile regolazione della propulsione, ma generalmente le curve di coppia hanno un picco, preceduto da una fase di crescita o instabile (coppia che aumenta all’aumentare dei giri) e seguiti da una di riduzione o stabile (coppia che diminuisce all’aumento dei giri).
La porzione stabile prende questo nome in quanto variazioni di carico comportano una minima variazione del regime e successiva stabilizzazione senza dover agire sull’acceleratore, mentre la porzione instabile al variare del carico può portare all’arresto del motore o all’aumento del regime fino al raggiungimento della porzione stabile della curva, costringendo ad un continuo controllo sull’acceleratore con relativa variazione del valore e della curva di coppia.
Il valore di coppia massima è utile per il dimensionamento dei componenti a valle del motore, in quanto maggiore è il valore di coppia e maggiore deve essere la robustezza delle componenti, da ricordare che il valore di coppia può aumentare o diminuire in base al rapporto di trasmissione lungo la catena cinematica.
L’unità di misura della coppia è il N·m (Newtonmetro) o kg·m (chilogrammetro); il kg·m è 9,81 N·m
Come in ogni sistema anche in questo è fondamentale sia la qualità degli ingranaggi, della rotazione, dei denti, del motore ma anche e soprattutto la performance dell’insieme delle parti meccaniche.
Con la metafora presa dal mondo dei motori oliare gli ingranaggi si intende anche che con la giusta lubrificazione si agevolano coppia e potenza, valore di coppia alla ruota, legame di coppia motrice con l’accelerazione.
Nel caso non vi siano altri tipi di sollecitazione, ciascuno dei due momenti è una coppia di forze, in quanto è equivalente all’applicazione di due forze distinte uguali e contrarie, ciascuna con modulo pari al rapporto tra il modulo del momento torcente e la distanza tra le loro rette d’azione, e agenti su due punti esattamente opposti rispetto al suo fulcro.
I progetti comuni si realizzano più facilmente con il lavoro di squadra e le difficoltà si superano con la coordinazione degli sforzi di tutti.
Oliare gli ingranaggi come in un orologio, la giusta misura per un funzionamento perfetto. L’olio all’interno del meccanismo è fondamentale perché permette alle superfici di contatto più scorrevoli, diminuendo quindi l’attrito e di conseguenza l’usura degli ingranaggi.
Una delle parti più importanti di un movimento orologiero è il bilanciere, ovvero quella parte che, contraddistinta dal classico “tic”, tramite una molla e una ruota dentata, comanda l’avanzamento degli ingranaggi di una quantità prefissata in un intervallo di tempo e, solidalmente agli ingranaggi stessi, quello delle varie lancette dell’orologio garantendone la carica quanto il corretto ritmo.
Ma il frutto del successo di questo meccanismo dipende dal preciso ruolo assegnato ad ogni rispettiva componente e dal risultato del lavoro svolto e affidato all’ingranaggio successivo, giungendo in armonia allo scorrimento fluido delle lancette. Un vero lavoro di squadra e un piacere da osservare.
Un meccanismo che, basandosi sulle proprie caratteristiche e specifiche che lo rendono unico, sin dalla propria invenzione riconosce l’impossibilità del raggiungimento della perfezione assoluta ma che, tic dopo tac, grazie alla forza del gruppo è alla costante ricerca del miglior risultato possibile.