LA PARITA’ DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO – RISVOLTI POSITIVI E TRASVERSALI
Ancora oggi in Europa gli uomini lavorano più delle donne e secondo gli stereotipi di genere, le donne dovrebbero lavorare meno degli uomini o non lavorare affatto, per avere il tempo di dedicarsi alla cura dei figli e alle faccende domestiche. Tutta via il lavoro è imprescindibile per l’indipendenza economica e materiale ma anche per crearsi una rete sociale e sviluppare abilità e competenze.
Nonostante la graduale emancipazione delle donne nella società, persiste il fenomeno di una maggiore partecipazione maschile al mondo del lavoro. Lo dimostrano i dati: nell’Unione europea risulta occupato l’80% della popolazione maschile in età lavorativa, contro il 69,3% di quella femminile.
L’istruzione femminile è la chiave per lo sviluppo sociale, politico ed economico di un paese.
Siccome il principale ostacolo all’inserimento lavorativo delle donne è la necessità di conciliare l’impiego con la vita privata, è facile comprendere come mai l’occupazione sia minore tra le donne con figli. Mentre al contrario l’incidenza del part-time è maggiore. Con meno tempo a disposizione, le donne che hanno molti impegni familiari si trovano infatti spesso costrette a lavorare meno ore o a non lavorare affatto. A questo si aggiunge il fatto che spesso mancano le strutture, in primis gli asili nido, che potrebbero permettere alle madri di avere più tempo per sé.
Anche l’istruzione deve necessariamente essere adeguata per compensare le differenti forme di insegnamento e le materie trattate.
A sostenerlo, ancora una volta, l’Istat che fotografa un’Italia dove solo il 20,1% della popolazione (di 25-64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% nell’Ue. Un Paese che non è ancora riuscito a colmare i le differenze tra nord e sud né quelle tra donne e uomini anche se quest’ultimo si accorcia grazie ai livelli di istruzione femminili più alti. E se confrontiamo i dati sull’Italia con il resto dell’Europa i nostri giovani sono in difficoltà nel raggiungere quel grado di formazione necessario per stare al passo dei tempi. Un dato tra tutti: nella quota di popolazione con almeno un diploma l’Italia registra un 62,9% contro 79,0% nell’Ue27.
Ma un dato positivo invece c’è ed è grazie alle donne. Per la componente femminile l’incidenza delle discipline STEM in Italia è persino superiore a quella registrata nella media Ue22 e negli altri grandi paesi europei. Questo risultato deriva dal maggior peso relativo di lauree STEM nell’area disciplinare di scienze naturali, matematica e statistica, ma anche di ingegneria.
Dallo studio Istat emerge inoltre che l’apprendimento permanente durante tutto l’arco della vita (lifelong learning) assume sempre maggiore rilevanza soprattutto alla luce dei cambiamenti nel mercato del lavoro, della mobilità lavorativa e dell’innovazione tecnologica.
L’apprendimento permanente durante tutto l’arco della vita (lifelong learning) assume dunque sempre maggiore rilevanza soprattutto alla luce dei cambiamenti nel mercato del lavoro, della mobilità lavorativa e dell’innovazione tecnologica. Questi fattori accrescono il rischio di un’obsolescenza delle competenze e richiedono continui adattamenti e riqualificazioni. Inoltre, la partecipazione ad attività formative durante tutto l’arco della vita favorisce la vita sociale degli individui, una cittadinanza attiva e la coesione sociale.
E’ interesse generale che le donne vengano impiegate in numero sempre crescente con orari di lavoro e servizi consoni, allo stesso tempo gli uomini devono adeguare le ore impiegate fuori casa per bilanciare il carico di lavoro che comporta sia la famiglia di origine che quella che vanno a costituire.
Il benessere femminile si riverbera sull’intera comunità, condizioni familiari e lavorative con mansioni e stipendi adeguati sono indice di grande crescita e civiltà.
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